Scuola: strumenti didattici inaccessibili

scuola digitalePubblichiamo la lettera che una docente non vedente ha inviato al Ministro e al Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, sull’accessibilità degli strumenti didattici.

Nuove piattaforme informatiche e rispetto della legge 4/2004

Gentile Ministro e gentile Sottosegretario.
Sono una docente di educazione musicale non vedente che esercita tale professione presso la SCUOLA SECONDARIA di I grado e che vi invita a esaminare, riflettere e poi disporre tutto quanto possa risultare a noi non vedenti indispensabile per continuare a lavorare in un clima di serenità, dunque per essere ancora considerati soggetti attivi e non passivi per volontà di terzi, nel mondo della scuola.
In seguito a quanto avviene, vertiginosamente, in termini di cambiamenti e per la didattica e per la gestione amministrativa come ad es. i libri digitali in formato flash, i registri on-line, ecc., rischiamo di trovarci ad affrontare una nuova forma di barriera indesiderata! Infatti, detti strumenti utilizzati dalle scuole risultano essere, sovente, a me e agli altri colleghi disabili visivi, non usabili e talvolta del tutto inaccessibili.
Vorrei che da parte vostra vi sia la volontà di porre l’accento sul tema dell’accessibilità, problema gigantesco che si aggrava giorno dopo giorno. Basti esaminare, analizzare e valutare tutto quanto è oggi in uso come ad es. le piattaforme informatiche che vengono acquistate ed utilizzate dalle istituzioni scolastiche. Esse risultano, spesso, poco o nulla accessibili a non vedenti ed ipovedenti e questo nonostante la legge 9 gennaio 2004 n.4 (e relativo regolamento) imponga a tutte le istituzioni pubbliche di utilizzare materiale informatico accessibile ed usabile anche da parte dei disabili visivi. Pertanto, sollecito le SS.LL. a sensibilizzare, richiamare sia le scuole che i produttori di programmi informatici ad esse destinati, al rispetto di una legge dello Stato.

I docenti disabili visivi si aspettano dal MIUR, rappresentante di un’istituzione che per prima dovrebbe tener conto del loro diritto di essere messi in grado di lavorare, quindi di contribuire alla pari degli altri al buon andamento della società, che traduca i fiumi di parole in fatti, per promuovere (e non per fingere di farlo), la reale integrazione dei disabili nel mondo del lavoro. In fondo, come ripeto, non si tratta di affrontare spese supplementari o di iniziare complicati iter burocratici, ma semplicemente di imporre il rispetto di una legge.
Distinti saluti.
Prof.ssa Concetta Loprete

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