“Ho finto d’essere un uomo vedente. Per 8 anni una vita parallela in Rete”
di Elena Brescacin*
*Elena Brescacin è una ragazza non vedente di Treviso. L’anno scorso abbiamo pubblicato un post su Internet e l’anonimato. Elena è intervenuta nei commenti, raccontando che in passato aveva creato un’identità falsa sul web: si era finta un uomo vedente. Le abbiamo chiesto di firmare un post per noi. Una riflessione su internet e l’identità. E voi? Raccontate le vostre storie.
Salve, mi chiamo Elena Brescacin.
Sono una persona non vedente assoluta. Per me Internet costituisce un mezzo fondamentale per l’autonomia personale, almeno nella lettura di libri/giornali, e commissioni online – ricariche/acquisti/bonifici. Internet non è certamente tutto, non posso dire di essere autonoma grazie a Internet, ma certamente mi ha dato molto.
Però mi ha anche tolto molto: io dal 2009 sono uscita da un baratro che mi aveva imprigionata per 8 anni. L’inesperienza di chat che avevo negli anni 1999-2001, mi ha portato a credere che le relazioni su Internet fossero un’ottima sostituzione a relazioni reali forzate che avevo con compagni di scuola e scout, con cui avevo un rapporto solo perché ci dovevo convivere ma che finita la scuola e gli scout si son rivelate per quel che erano. Forzature… Ho vissuto un’adolescenza movimentata, nel senso che non credevo alla possibilità di avere dei veri amici che non provassero per me compassione o che non avessero bisogno di ricevere suggerimenti a scuola.
Purtroppo però in Rete dovevo fare i conti con una realtà che non conoscevo, e che rispetto alla vita quotidiana mi sembrava molto cruda: dire che sei una donna su Internet ad emeriti sconosciuti già ti mette a rischio di molestie, nelle chat pubbliche, anche se fortunatamente non tutti sono così, ci mancherebbe. Aggiungici la disabilità, e si moltiplicano i rischi di curiosità morbose, nonché gente che crede che un disabile visivo non possa usare il computer.
C’è troppa ignoranza in materia di ausili informatici, la disabilità è vista ancora troppo con l’atteggiamento pietistico: la curiosità è giusta, ma ogni cosa ha il suo limite di umana decenza. Anche in strada probabilmente la gente mi guarda con curiosità, ma non vedendola, non me ne rendo conto.
Su Internet, tutte le sensazioni provate nei confronti di una persona con disabilità, raddoppiano. Nel bene, e nel male. In positivo e in negativo, dietro a una tastiera crollano i freni inibitori e questo ha finito all’epoca per crearmi disagio. Mi son crollate tutte le certezze, mi ero stupidamente convinta di aver trovato qualcosa di meglio rispetto alle relazioni che avevo, e invece era peggio… Almeno in reale le persone certe domande anche a sfondo sessuale, non me le farebbero mai. E allora cosa fare?
Fingersi un uomo vedente era per me la soluzione all’epoca. L’unica soluzione.
Così facendo ho iniziato a navigare e chattare con la mia nuova identità, mi trovavo molto meno timida, raccontavo molte cose di me (ovviamente inventate), mentre le situazioni reali di Elena erano ben protette, perché Elena serviva solo come batteria, generatore di corrente che faceva vivere l’altro uomo: mangiavo, dormivo, lavoravo… per far vivere lui. Il corpo era Elena, e quindi in tutti i rapporti reali lavorativi l’identità fittizia non esisteva…
Senonché girando con il nome da uomo, molte persone si sono “affezionate” a me. Ossia hanno iniziato a provare stima, per quanto virtuale fosse, per la persona con cui credevano di scrivere… E addirittura io, me stessa, mi ero virtualmente coinvolta in modo particolare per un ragazzo il quale, poveretto, credeva di corrispondere amichevolmente con un uomo.
E allora a quel punto “l’uomo” ha dovuto trovare il modo di presentargli “una sua amica” che poi ero io, la mia identità reale… Volevo sentir la voce di questo ragazzo, capire chi era, e alla fine ce l’ho fatta. Anno 2004… ma la verità l’ha saputa solo nell’anno 2009 quando, grazie all’aiuto di molte persone vicine, ce l’ho fatta ad uscire da questo meccanismo di falsa identità, comprendendo tra l’altro di doverne parlare con le persone a cui tenevo, se davvero ci tenevo.
Alcuni hanno compreso e siamo rimasti in contatto. Altri hanno compreso ma si sono allontanati… In altri casi, dove non ritenevo opportuno parlare perché non tenevo abbastanza a quei rapporti, sono sparita dalla circolazione senza spiegazioni: su Internet sei libero di andare e fare quello che vuoi. Su blog, chat e forum non si è obbligati a rimanere, a vivere.
Io stavo male. Ho fatto quello che ho fatto perché stavo male. Questo certo non mi giustifica, perché così facendo ho danneggiato me stessa e altri, anche se non ho commesso mai reati, ora ho capito che per combattere i pregiudizi bisogna farlo a testa alta e non nascondendosi e scappando da se stessi.
Avendo provato questa esperienza sulla pelle provo disagio a sentire storie di persone che commuovono il mondo con situazioni tragiche divulgate via web, ma delle quali in un modo o nell’altro, in un secondo momento, si scopre che sono falsi e montature.
P.S.: comunque, è vero, conoscersi di persona è fondamentale per poter mantenere un rapporto. O, per lo meno, se non è possibile conoscersi di persona in tempi rapidi, poter avere dei riscontri reali su chi è l’altra persona. E non parlo di foto e voce, quelle possono essere modificate. Parlo di dettagli sul posto di lavoro, sui contatti reali, sulla vita privata.
Fonte: corriere.it
Creare un personaggio fittizio, nelle circostanze descritte, è più che comprensibile. Adesso penso a quella ragazza della mia città di cui mi parlavi mesi fa. Chissà che non riusciamo, tra le altre cose, a riprendere questo discorso. Sono contento che Elena abbia superato le sue timidezze e si sia rimessa allo scoperto. Hai fatto bene Laura a pubblicare questo scritto, che andrò a condividere ancora su FB.
A presto. Spero.
Gio