«Essere ciechi oggi è un lusso che pochi possono permettersi»

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La tecnologia rende autonomi ma costa parecchio e all’Italia non gli frega nulla di chi ha problemi

Di che colore è la vita?
«Certamente non è rosa rosa. Tutto dipende dal momento che uno vive, di volta in volta, e dalle situazioni che affronta».
– Da quando è cieca?
«Da sempre, dalla nascita. Questo significa che vedo le cose a modo mio».
– In che senso?
«Nel senso che immagino le cose, le immagino in un certo modo che poi magari non corrisponde alla realtà oggettiva». – Come hanno fatto i suoi genitori ad accorgersi che è nata cieca?
«Non saprei… il mio è un fattore genetico, forse l’ostetrica… ».
– Cieca o non vedente. Qual è la definizione giusta? Che non offende?
«Cieca. Perché non vedente? Basta aprire il vocabolario di italiano, la parola “cieco” cosa significa? Non c’è bisogno di girarci intorno».
– Quali sono le difficoltà maggiori per una cieca?
«Gli spostamenti, il comportamento… per l’uomo è tutto più facile. Essere cieca ed essere donna sono due problemi sovrapposti, è più complicato. Perché anche nell’espletamento della femminilità ci sono le difficoltà, nel rapporto con l’altro sesso, per esempio. Se a una ragazza interessa un ragazzo, va, si fa avanti… una cieca non può farlo, come minimo ha bisogno di un’altra persona e quindi già il rapporto è diverso».
– Anche trovare l’anima gemella è difficile?
«Per una cieca è difficilissimo. Non soltanto perché è cieca ma anche perché deve scontrarsi con una certa mentalità».
– Essere ciechi porta ad avere qualche vantaggio rispetto ai vedenti?
«No, assolutamente no».
– Ha voglia di un caffè. Come fa a farselo?
«Prendo la caffettiera e me lo faccio».
– E se hai voglia di un minestrone?
«Stesso discorso».
– Ma deve usare i coltelli…
«Uso anche la pentola a pressione, e allora?».
– Una cieca, quindi, potrebbe anche vivere da sola?
«In casa magari sì, però vivere non significa rimanere sempre in casa. Ecco allora che bisogna organizzarsi. Per uscire, per esempio… ».
– Dunque le difficoltà maggiori sono all’esterno della propria casa?
«Eh sì».
– E la tecnologia? Aiuta?
«Aiuta molto».
– Come? Faccia qualche esempio…
«Per esempio con tutte le cose parlanti. In casa mia quasi tutto parla. Un esempio? La bilancia pesa alimenti… ci metto la pasta e mi dice quanto pesa. Ma anche tanti altri oggetti che mi danno autonomia e io faccio di tutto per essere autonoma».
– Un altro esempio?
«Il color test… una diavoleria. È un apparecchietto che strofino sui capi di vestiario e mi dice di che colore sono. Così io posso scegliere cosa indossare, anche se non ho mai visto un colore».
– Ci vogliono soldi per comprare queste cose?
«La tecnologia costa, costa parecchio! Essere ciechi oggi è un “lusso” che solo pochi possono permettersi. Questa bilancia l’ho comprata diversi anni fa: costava 200mila lire. Nei grandi magazzini la trova per pochi euro. E non tutti i soldi te li passa la struttura, il servizio sanitario. Ora mi passeranno un audiobook multifunzione, che mi consentirà anche di consultare tutti gli elenchi telefonici d’Italia».
– E gli audiolibri?
«Abbiamo le nastroteche, io ho un lettore Mp3 molto, molto bello… anche quello però, vede… lei vuole un lettore? Spende quanto? Trenta? Cinquanta? Cento euro? Io invece dieci anni fa ne ho dovuto spendere 350! Costa, anche perché fa delle cose che il suo non fa».
– Tipo?
«Se io sto leggendo un libro e lo spengo, mi tiene il segno. Quando lo riaccendo riparte da quel punto preciso. Se lei lo spegne, invece, il cd ricomincia daccapo. Sono accorgimenti che ai vedenti non servono, ma per noi ciechi sono fondamentali».
– Ma leggere i quotidiani è ancora impossibile?
«Adesso è anche possibile… ci sono le tecnologie con la sintesi vocale».
– Lei usa Facebook?
«No, io non sono per niente tecnologica. Anzi, fino a poco tempo fa lo chiamavo Fleisbook… (risata)».
– Ma vorrebbe usarlo?
«No, non mi interessa».
– Quindi non usa neppure internet?
«No, no».
– E non pensa che internet possa offrire una possibilità in più?
«Ma sì, certo… internet è come una medicina: se la usi bene porta benefici, altrimenti ti danneggia, può essere anche negativo».
– Tra il computer e la vecchia macchina per scrivere preferisce?
«Preferisco la macchina per scrivere. Ma sa perché? Perché non sento il bisogno del computer. Magari mi sarebbe servito quando lavoravo… ».
– La società italiana è accogliente?
«È molto disinteressata».
– Disinteressata?
«Sì, non gli frega nulla di chi ha problemi. Lo dimostrano le leggi, il parlamento, i politici in genere… ».
– Una cieca, un cieco, ha gli stessi diritti e doveri di chiunque altro. Gode degli stessi privilegi e possibilità?
«Eh no, purtroppo no».
– Ma questo succede soltanto in Italia o anche altrove, in Europa per esempio?
«In certi Paesi stanno meglio, in certi altri peggio. Per esempio, la Spagna è il Paese di Bengodi, i ciechi stanno molto bene, vengono seguiti, le loro esigenze vengono anche accolte. Sì, in Spagna decisamente sì».
– In Italia invece anche lavorare è un sogno…
«Sì, è un sogno per tutti. Un sogno doppio per chi non ci vede. Assumere un vedente significa che lo puoi mettere a fare cento cose, assumere un cieco significa che fa quello e basta».
– Una cieca che vive a Nuoro ha gli stessi problemi di una cieca che vive a Roma, a Milano o a Londra?
«No, ne ha molti di più perché a Nuoro non ci sono servizi e non essendoci servizi i problemi raddoppiano. Però bisogna adattarsi e cercare di vivere con quello che c’è».
– Nei giorni scorsi a Pisa è stato impiantato un occhio bionico. È una speranza?
«Sì, è una speranza. I ciechi si buttano allo sbaraglio, chi non ha niente da perdere tenta il tutto e per tutto. Magari chi ci vede un pochino ha paura di perdere anche quel poco che ha. Vede Stevie Wonder, per esempio, anche Andrea Bocelli è disposto… ha detto che appena capiterà, lui tenterà».
– Vedere con i propri occhi resta l’obbiettivo, dunque?
«È l’obbiettivo».

Fonte:  La Nuova Sardegna del 13-01-2012

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